SULL 'AMORE
Allora Almitra disse: parlaci dell'Amore.
E lui sollevò la stessa e scrutò il popolo e
su di esso calò una grande quiete. E con voce ferma
disse: Quando l'amore vi chiama seguitelo Sebbene le sue vie
sinao difficili ed erte E quando vi avvolge con le sue ali
cedetegli Anche se lama nascosta trla le piume potrà ferirvi.
Quando vi parla credetegli Sebbene la sua voce possa frantumare
i vostri sogni così come il vento del nord arreca scompiglio
al giardino Poichè mentre l'amore vi incorona così vi
taglia per potarvi Mentre ascende alle vostre altezze e carezza
i vostri più teneri rami palpitanti al sole Così penetra
fino alle vostre radici scuotendole nel loro abbraccio alla
terra Come pannocchie di granoturco vi raccoglie in se Vi batte
fino a farvi spogli Vi staccia per liberare i cartocci Vi macina
fino al candore V'impasta sinchè siate cedevoli. E poi
vi consegna al suo sacro fuoco così che possiate diventare
pane sacro per la sacra mensa di Dio Tutto questo provocherà l'amore
in voi affinchè possiate conoscere i segreti del vosrto
cuore e per questo diventare un frammento nel cuore della vita
Ma se siete timorosi, nelll'amore cercate soltanto la tranquillità e
il suo piacere. Allora meglio per voi che ricopriate le vostrè nudità allontanandovi
dall'aia dell'amore Nel mondo senza stagioni dove riderete
ma non di tutte le vostre risa e piangerete ma non di tutte
le vostre lagrime L'amore nulla a se non se stesso e non prende
nulla se non da se stesso L'amore non possiede ne vuole essere
posseduto;Poichè l'amore basta all'amore Quando amate
non dovreste dire "Dio è nel mio cuore" bensì "Io
sono nel cuore di Dio" E non pensate di potere dirigere
il corso dell amore giacchè se vi trova degni , è l'amore
che dirige il vostro corso L'amore non desidera che apapgare
se stesso. Ma se amando dovete avere dei desideri, essi siano
questi: Sciogliersi ed essere come un ruscello che canta alla
notte la sua melodia Conoscere il dolore della troppa tenerezza
Ferirsi in comprensione dell 'amore; E sanguinare volentieri
e con gioia Risvegliarci all'alba con il cuore alato e ringraziare
pre un nuovo giorno d'amore Riposare nell'ora del meriggio
e meditare nell'amore l'estasi Grati rincasare alla sera E
poi assopirsi con una preghiera per l'amato in cuore e sulle
labbra un cantico di lode .

SUL MATRIMONIO
Allora Almitra parlo ancora e disse,
E il matrimonio maestro? E lui rispose dicendo: Insieme siete
nati, e insieme sarete in eterno. Voi sarete insiema anche
quando le ali bianche della morte disperderanno i vostri giorni.
Sì, voi sarete insieme finanche nella silenziosa memoria
di Dio Vi siano spazi però nella vostra unione, Così che
i venti celesti possano danzare tra di voi Amatevi l'un l'altro,
ma non rendete schiavitu l'amore. Sia pituttosto un mare che
si muove tra le rive delle Vostre anime Riempitevi l'un l'altro
le coppe ma non bevete da una coppa soltanto Donatevi l'un
l'altro il vostro pane ma non mangiate da un medesimo boccone
Cantate e danzate insieme e siate lieti ma che ognuno di voi
sia solo Come le corde del liuto sono sole sebbene vibrino
della medesima musica Donatevi il Cuore senza però affidarvelo
l'uno l'altro Poichè solo la mano della vita può contenere
i vostri cuori restate l'uno accanto all'altro ma non troppo
vicini: Le colonne del tempio s'ergono separate tra di loro
E la quercia e il cipresso non crescono l'una nell ombra dell'altro

SUI FIGLI
E una donna che reggeva un bambino
al seno disse, Parlaci dei Figli E lui disse: i vostri figli
non sono vostri. sono i figli della brama che la Vita ha di
se stessa. Essi vengono attraverso di voi ma non da Voi. E
sebbene siano con voi non i appartengono. Potete donare loro
il vostro amore ma non i vostri pensieri. Poichè hanno
pensieri propri Potete dare rifugio ai loro corpi ma non alle
loro anime. Giacchè le loro anime albergano nella casa
del domani, che voi non potete visitare neppure in sogno. Potete
tentare d'essere come loro , ma non di renderli come voi siete.
Giacchè la vita non indietreggia ne s'attara sul passato.
Voi siete gli archi dal quali i figli vostri, viventi frecce,
sono scoccati innanzi. L'Arciere vede il bersaglio sul sentiero
dell'infinito, e vi tende con la sua potenza affinchè le
sue frecce possano andare veloci e lontano Sia Gioioso il vostro
tendervi nella mano dell'Arciere; Poichè se ama il dardo
sfrecciante, cos' ama l'arco che saldo rimane

SUL DARE
Allora un uomo ricco disse: Parlaci
del Dare. E lui rispose: Date poca cosa se date le vostre ricchezze.
E' quando date voi stessi che date veramente. Che cosa sono
le vostre ricchezze se non ciò che custodite e nascondete
nel timore del domani ? E domani, che cosa porterà il
domani al cane troppo previdente che sotterra l'osso nella
sabbia senza traccia, mentre segue i pellegrini alla città santa
? E che cos'è la paura del bisogno se non bisogno esso
stesso ? Non è forse sete insaziabile il terrore della
sete quando il pozzo è colmo ? Vi sono quelli che danno
poco del molto che possiedono, e per avere riconoscimento,
e questo segreto desiderio contamina il loro dono. E vi sono
quelli che danno tutto il poco che hanno. Essi hanno fede nella
vita e nella sua munificenza, e la loro borsa non è mai
vuota. Vi sono quelli che danno con gioia e questa è la
loro ricompensa. Vi sono quelli che danno con rimpianto e questo
rimpianto è il loro sacramento. E vi sono quelli che
danno senza rimpianto né gioia e senza curarsi del merito.
Essi sono come il mirto che laggiù nella valle effonde
nell'aria la sua fragranza. Attraverso le loro mani Dio parla,
e attraverso i loro occhi sorride alla terra. E' bene dare
quando ci chiedono, ma meglio è comprendere e dare quando
niente ci viene chiesto. Per chi è generoso, cercare
il povero è gioia più grande che dare. E quale
ricchezza vorreste serbare ? Tutto quanto possedete un giorno
sarà dato. Perciò date adesso, affinché la
stagione dei doni possa essere vostra e non dei vostri eredi.
Spesso dite: "Vorrei dare ma solo ai meritevoli".
Le piante del vostro frutteto non si esprimono così né le
greggi del vostro pascolo. Esse danno per vivere, perché serbare è perire.
Chi è degno di ricevere i giorni e le notti, è certo
degno di ricevere ogni cosa da voi. Chi merita di bere all'oceano
della vita, può riempire la sua coppa al vostro piccolo
ruscello. E quale merito sarà grande quanto la fiducia,
il coraggio, anzi la carità che sta nel ricevere ? E
chi siete voi perché gli uomini vi mostrino il cuore,
e tolgano il velo al proprio orgoglio così che possiate
vedere il loro nudo valore e la loro imperturbata fierezza
? Siate prima voi stessi degni di essere colui che da e allo
stesso tempo uno strumento del dare. Poiché in verità è la
vita che da alla vita, mentre voi, che vi stimate donatori,
non siete che testimoni. E voi che ricevete - e tutti ricevete
- non permettete che il peso della gratitudine imponga un giogo
a voi e a chi vi ha dato. Piuttosto i suoi doni siano le ali
su cui volerete insieme. Poiché preoccuparsi troppo
del debito è dubitare della sua generosità che
ha come madre la terra feconda, e Dio come padre.

SUL MANGIARE E SUL BERE
Allora un vecchio oste disse: Parlaci
del Mangiare e del Bere. E lui disse: Vorrei che poteste vivere
della fragranza della terra, e che la luce vi nutrisse in libertà come
una pianta. Ma poiché per mangiare uccidete, e rubate
al piccolo il latte materno per estinguere la sete, sia allora
il vostro un atto di adorazione. E sia la mensa un altare su
cui i puri e gli innocenti della foresta e dei campi vengano
sacrificati a ciò che di più puro e innocente
vi è nell'uomo. Quando uccidete un animale, ditegli
nel vostro cuore: "Dallo stesso potere che ti abbatte
io pure sarò colpito e distrutto, Poiché la legge
che ti consegna nelle mie mani consegnerà me in mani
più potenti. Il tuo sangue e il mio sangue non sono
che la linfa che nutre l'albero del cielo". E quando addentate
una mela, ditele nel vostro cuore: "I tuoi semi vivranno
nel mio corpo, E i tuoi germogli futuri sbocceranno nel mio
cuore, La loro fragranza sarà il mio respiro, E insieme
gioiremo in tutte le stagioni". E quando in autunno raccoglierete
dalle vigne l'uva per il torchio, direte nel vostro cuore: "Io
pure sarò vigna, e per il torchio sarà colto
il mio frutto, E come vino nuovo sarò custodito in vasi
eterni". E quando l'inverno mescete il vino, per ogni
coppa intonate un canto nel vostro cuore, E fate in modo che
vi sia in questo canto il ricordo dei giorni dell'autunno,
della vigna e del torchio.

SUL LAVORO
Allora un contadino disse: Parlaci
del Lavoro. E lui rispose dicendo: Voi lavorate per assecondare
il ritmo della terra e l'anima della terra. Poiché oziare è estraniarsi
dalle stagioni e uscire dal corso della vita, che avanza in
solenne e fiera sottomissione verso l'infinito. Quando lavorate
siete un flauto attraverso il quale il sussurro del tempo si
trasforma in musica. Chi di voi vorrebbe essere una canna silenziosa
e muta quando tutte le altre cantano all'unisono ? Sempre vi è stato
detto che il lavoro è una maledizione e la fatica una
sventura. Ma io vi dico che quando lavorate esaudite una parte
del sogno più remoto della terra, che vi fu dato in
sorte quando il sogno stesso ebbe origine. Vivendo delle vostre
fatiche, voi amate in verità la vita. E amare la vita
attraverso la fatica è comprenderne il segreto più profondo.
Ma se nella vostra pena voi dite che nascere è dolore
e il peso della carne una maledizione scritta sulla fronte,
allora vi rispondo : tranne il sudore della fronte niente laverà ciò che
vi è stato scritto. Vi è stato detto che la vita è tenebre
e nella vostra stanchezza voi fate eco a ciò che è stato
detto dagli esausti. E io vi dico che in verità la vita è tenebre
fuorché quando è slancio, E ogni slancio è cieco
fuorché quando è sapere, E ogni sapere è vano
fuorché quando è lavoro, E ogni lavoro è vuoto
fuorché quando è amore; E quando lavorate con
amore voi stabilite un vincolo con voi stessi, con gli altri
e con Dio. E cos'è lavorare con amore ? E' tessere un
abito con i fili del cuore, come se dovesse indossarlo il vostro
amato. E' costruire una casa con dedizione come se dovesse
abitarla il vostro amato. E' spargere teneramente i semi e
mietere il raccolto con gioia, come se dovesse goderne il frutto
il vostro amato. E' diffondere in tutto ciò che fate
il soffio del vostro spirito, E sapere che tutti i venerati
morti stanno vigili intorno a voi. Spesso vi ho udito dire,
come se parlaste nel sonno: "Chi lavora il marmo e scopre
la propria anima configurata nella pietra, è più nobile
di chi ara la terra. E chi afferra l'arcobaleno e lo stende
sulla tela in immagine umana, è più di chi fabbrica
sandali per i nostri piedi". Ma io vi dico, non nel sonno
ma nel vigile e pieno mezzogiorno, il vento parla dolcemente
alla quercia gigante come al più piccolo filo d'erba;
E che è grande soltanto chi trasforma la voce del vento
in un canto reso più dolce dal proprio amore. Il lavoro è amore
rivelato. E se non riuscite a lavorare con amore, ma solo con
disgusto, è meglio per voi lasciarlo e, seduti alla
porta del tempio, accettare l'elemosina di chi lavora con gioia.
Poiché se cuocete il pane con indifferenza, voi cuocete
un pane amaro, che non potrà sfamare l'uomo del tutto.
E se spremete l'uva controvoglia, la vostra riluttanza distillerà veleno
nel vino. E anche se cantate come angeli, ma non amate il canto,
renderete l'uomo sordo alle voci del giorno e della notte.

SU GIOIA E DOLORE
Allora una donna disse: Parlaci
della Gioia e del Dolore. E lui rispose: La vostra gioia è il
vostro dolore senza maschera, E il pozzo da cui scaturisce
il vostro riso, è stato spesso colmo di lacrime. E come
può essere altrimenti ? Quanto più a fondo vi
scava il dolore, tanta più gioia potrete contenere.
La coppa che contiene il vostro vino non è forse la
stessa bruciata nel forno del vasaio ? E il liuto che rasserena
il vostro spirito non è forse lo stesso legno scavato
dal coltello ? Quando siete felici, guardate nel fondo del
vostro cuore e scoprirete che è proprio ciò che
vi ha dato dolore a darvi ora gioia. E quando siete tristi,
guardate ancora nel vostro cuore e saprete di piangere per
ciò che ieri è stato il vostro godimento. Alcuni
di voi dicono: "La gioia è più grande del
dolore", e altri dicono: "No, è più grande
il dolore". Ma io vi dico che sono inseparabili. Giungono
insieme, e se l'una siede con voi alla vostra mensa, ricordate
che l'altro è addormentato nel vostro letto. In verità voi
siete bilance che oscillano tra il dolore e la gioia. Soltanto
quando siete vuoti, siete equilibrati e saldi. Come quando
il tesoriere vi solleva per pesare oro e argento, così la
vostra gioia e il vostro dolore dovranno sollevarsi oppure
ricadere.

SULLA CASA
Allora si fece avanti un muratore
e disse: Parlaci della Casa. E lui rispose dicendo: Costruite
con l'immaginazione una capanna nel deserto, prima di costruire
una casa entro le mura della città: poiché come
voi rincasate al crepuscolo, altrettanto fa il nomade che è in
voi, sempre esule e solo. La casa è il vostro corpo
più vasto. Essa si espande nel sole e dorme nella quiete
della notte, e non è senza sogni. Non sogna forse la
vostra casa ? E sognando non abbandona la città per
il bosco o la sommità della collina ? Vorrei riunire
nella mia mano le vostre case, e come il seminatore disperderle
in prati e foreste. Vorrei che le vostre strade fossero valli
e verdi sentieri i vostri viali, affinché potreste cercarvi
l'un l'altro tra le vigne e ritrovarvi con l'abito odoroso
di terra. Ma questo non può ancora accadere. La paura
dei vostri antenati vi ha radunati insieme, troppo vicini.
E questa paura durerà ancora in voi. E ancora le mura
delle vostre città separeranno dai campi i vostri focolari.
Ditemi, popolo di Orfalese, che avete in queste case ? E che
mai custodite dietro l'uscio sbarrato ? Pace ? Il calmo impeto
che rivela la forza ? Ricordi ? L'arco di pallida luce che
unisce le cime della mente ? Avete la bellezza che conduce
il cuore dagli oggetti creati nel legno e nella pietra alla
montagna sacra ? Ditemi, avete questo nelle vostre case ? O
avete solo benessere e l'avidità del benessere che furtiva
entra in casa come ospite per diventarne padrona e infine sovrana
? Si, essa vi domina, e con il rampino e la frusta riduce a
fantocci le vostre aspirazioni più alte. Benché abbia
mani di seta, il suo cuore è di ferro. Vi addormenta
cullandovi per stare vicina al vostro letto e prendersi gioco
della dignità della carne. Schernisce i vostri sensi
integri e li depone nella bambagia come fragili vasi. In verità,
l'avidità del benessere uccide la passione dell'anima
e sogghigna alle sue esequie. Ma voi, figli dell'aria, insonni
nel sonno, non sarete ingannati né domati. La vostra
casa non sarà l'ancora, ma l'albero della nave. Non
sarà il velo lucente che ricopre la ferita, ma la palpebra
a difesa dell'occhio. Non ripiegherete le ali per attraversare
le porte, non chinerete la testa per non urtare la volta, non
tratterrete il respiro per paura che le mura si incrinino e
crollino. Non dimorerete in sepolcri edificati dai morti per
i vivi. E sebbene magnifica e splendida, la vostra casa non
custodirà il vostro segreto né darà riparo
alle vostre brame. Poiché ciò che in voi è sconfinato
risiede nella dimora del cielo, la cui porta è bruma
mattutina e le finestre sono canti di quiete notturna.

SULL'ABITO
E un tessitore disse: Parlaci dell'Abito.
E lui rispose: Il vostro abito nasconde una gran parte della
vostra bellezza, tuttavia non maschera ciò che non è bello.
E benché cerchiate nell'abito un'intima libertà,
potreste trovare in esso le vostre catene. Vorrei che la vostra
pelle, e non il vostro abito, fosse sfiorata dal sole e dal
vento. Poiché il soffio della vita è nella luce
del sole e la mano della vita è nel vento. Alcuni di
voi dicono: "E' il vento del Nord che ha tessuto l'abito
che indosso". E io dico che, si, è stato il Vento
del Nord, Ma la vergogna è stata il suo telaio e la
mollezza la sua trama. E a fatica compiuta, il vento ha riso
nella foresta. Non dimenticate che la modestia vi è stata
data a scudo contro gli occhi dell'impuro. Ma quando l'impuro
sparirà, che cosa sarà la modestia se non poltiglia
che intorbida la mente ? E non dimenticate che la terra ama
sentire i vostri piedi nudi e il vento giocare con i vostri
capelli.

SUL COMMERCIO
E un mercante disse: Parlaci del
Commercio. E lui rispose dicendo: La terra vi concede i suoi
frutti, e non saranno scarsi se solo saprete riempirvene le
mani. Scambiandovi i doni della terra scoprirete l'abbondanza
e sarete saziati. Ma se lo scambio non avverrà in amore
e in generosa giustizia, renderà gli uni avidi e gli
altri affamati. Quando sulle piazze del mercato voi, lavoratori
del mare dei campi e delle vigne, incontrerete i tessitori
i vasai e gli speziali, Invocate lo spirito supremo della terra
affinché scenda in mezzo a voi a santificare le bilance
e il calcolo, affinché valore corrisponda a valore.
E non tollerate che tratti con voi chi ha la mano sterile,
perché vi renderà chiacchiere in cambio della
vostra fatica. A tali uomini direte: "Seguiteci nei campi
o andate con i nostri fratelli a gettare le reti in mare. La
terra e il mare saranno generosi con voi quanto con noi".
E se là verranno i cantori, i danzatori e i suonatori
di flauto, comprate pure i loro doni. Anch'essi sono raccoglitori
di incenso e frutta, e ciò che vi offrono, benché sia
fatto della sostanza dei sogni, reca ornamento e cibo all'anima
vostra. E prima di lasciare la piazza del mercato, badate che
nessuno si allontani a mani vuote. Perché lo spirito
supremo della terra non dormirà in pace nel vento sin
quando il bisogno dell'ultimo di voi non sarà appagato.

SU COLPA E CASTIGO
Allora un giudice della città si
fece avanti e disse: Parlaci della Colpa e del Castigo. E lui
rispose dicendo: E' quando il vostro spirito vaga nel vento,
Che soli e incauti commettete una colpa verso gli altri e quindi
verso voi stessi. E per questa colpa commessa dovrete bussare
e, inascoltati, attendere a lungo alla porta dei beati. Come
l'oceano è la vostra essenza divina; Per sempre resta
incontaminata. E come nell'etere, in essa si muovono soltanto
gli esseri alati. Come il sole è la vostra essenza divina;
Ignora le gallerie della talpa e non cerca le tane del serpente.
Ma in voi non dimora soltanto l'essenza divina. Molto è tuttora
umano in voi, e molto in voi non è ancora umano, Ma
un pigmeo informe che cammina addormentato cercando nelle brume
il proprio risveglio. E ora vorrei parlarvi dell'uomo che è in
voi. Poiché né la vostra essenza divina, né il
pigmeo nelle brume, ma solo l'uomo conosce la colpa e il castigo.
Spesso vi ho udito dire di chi sbaglia che non è uno
di voi, ma un intruso estraneo al vostro mondo. Ma io vi dico:
così come il santo e il giusto non possono innalzarsi
al di sopra di quanto vi è di più alto in voi,
Così il malvagio e il debole non possono cadere più in
basso di quanto vi è di più infimo in voi. E
come la singola foglia non ingiallisce senza che la pianta
tutta ne sia complice muta, Così il malvagio non potrà nuocere
senza il consenso tacito di voi tutti. Insieme avanzate, come
in processione, verso la vostra essenza divina. Voi siete la
via e i viandanti. E quando uno di voi cade, cade per quelli
che lo seguono giacché li mette in guardia contro l'ostacolo.
Ma cade anche per quelli che lo precedono i quali, benché più celeri
e sicuri nel loro passo non rimossero l'ostacolo. E vi dirò inoltre,
nonostante la mia parola vi pesi sul cuore: L'assassinato è responsabile
del proprio assassinio, E il derubato non è senza colpa
del furto subito. Il giusto non è innocente delle azioni
del malvagio. E chi ha le mani pulite non è immune dalle
imprese dell'empio. Sì, il colpevole è spesso
vittima di chi ha offeso. E ancora più spesso il condannato
regge il fardello di chi è senza biasimo e colpa. Voi
non potete separare il giusto dall'ingiusto, il buono dal cattivo,
Poiché stanno uniti al cospetto del sole come insieme
sono tessuti il filo bianco e il filo nero. E se il filo nero
si spezza, il tessitore rivedrà da cima a fondo tela
e telaio. Se qualcuno di voi volesse portare in giudizio una
moglie infedele, Soppesi anche il cuore del marito e ne misuri
l'anima. E chi volesse frustare l'offensore scruti nello spirito
dell'offeso. E se qualcuno di voi, in nome della giustizia,
volesse punire con la scure l'albero guasto, ne esamini le
radici. E scoprirà radici del bene e del male, feconde
e sterili, tutte insieme intrecciate nel cuore silenzioso della
terra. E voi, giudici, che pretendete essere giusti, Che giudizio
pronunciate su chi, benché onesto nella carne, in spirito è ladro
? Che pena infliggere a chi uccide nella carne, ma in spirito è lui
stesso ucciso ? E come perseguite chi nei fatti inganna e opprime,
Ma è lui stesso afflitto e oltraggiato ? E come punite
quelli il cui rimorso è più grande del loro misfatto
? Il rimorso non è forse la giustizia retta da quella
vera legge che servireste di buon grado ? Ma non potete imporre
il rimorso all'innocente, né strapparlo dal cuore del
colpevole. Inaspettato, esso chiamerà nella notte affinché l'uomo
si svegli e scruti dentro di sé. E come potrete capire
la giustizia, se non esaminate ogni fatto in piena luce ? Solo
così saprete che il caduto e l'eretto sono un solo uomo
che sta nel crepuscolo, sospeso tra la notte della sua essenza
non ancora umana e il giorno della sua essenza divina. La pietra
angolare del tempio non è più alta della pietra
più bassa delle sue fondamenta.

SULLE LEGGI
Allora un legislatore disse: Che
cosa pensi delle nostre Leggi, maestro ? E lui rispose: A voi
piace emanare leggi, Ma più ancora vi piace trasgredirle.
Come fanciulli che ostinatamente innalzano per gioco torri
di sabbia in riva al mare per poi distruggerle con una risata.
Ma intanto che innalzate queste torri, il mare trascina altra
sabbia sulla riva, E quando le distruggete il mare ride con
voi. In verità, il mare ride sempre con l'innocente.
Ma cosa pensare di quelli per cui le leggi dell'uomo non sono
torri di sabbia e la vita non è un mare, Bensì una
roccia, e la legge uno scalpello con il quale inciderla a propria
somiglianza ? E dello storpio che odia i danzatori ? E del
bue che ama il suo giogo e crede l'alce e il cervo della foresta
smarriti e vagabondi ? E della vecchia serpe che non squama
più e stima gli altri vergognosi e nudi ? E di chi va
al banchetto nuziale di buon'ora e torna sazio e stanco definendo
ogni banchetto una profanazione e i convitati trasgressori
? Che dirò di loro se non che si stagliano nella luce,
ma con la schiena rivolta al sole ? Essi vedono soltanto la
loro ombra, e questa è la loro legge. E che cos'è il
sole per loro se non un seminatore di ombre ? Riconoscere le
leggi non è forse chinarsi e tracciare la propria ombra
sulla terra ? Ma voi che camminate rivolti al sole, quali immagini
tracciate sulla terra possono mai trattenervi ? E voi che andate
con il vento, quale banderuola dirigerà la vostra corsa
? Quale legge vi legherà se spezzerete il vostro giogo,
ma non sulla soglia di una prigione umana ? Quali leggi temete,
se danzerete senza inciampare nelle catene dell'uomo ? E chi
vi porterà in giudizio se, spogliandovi dei vostri indumenti,
non li lascerete sulla strada di alcun altro uomo ? Popolo
di Orfalese, potrai soffocare il suono del tamburo e spezzare
le corde della lira, ma chi comanderà che l'allodola
non canti ?

SULLA LIBERTÀ'
E un oratore disse: Parlaci della
Libertà. E lui rispose: Alle porte della città e
presso il focolare vi ho veduto, prostrati, adorare la vostra
libertà, Così come gli schiavi si umiliano in
lodi davanti al tiranno che li uccide. Sì, al bosco
sacro e all'ombra della rocca ho visto che per il più libero
di voi la libertà non era che schiavitù e oppressione.
E in me il cuore ha sanguinato, poiché sarete liberi
solo quando lo stesso desiderio di ricercare la libertà sarà una
pratica per voi e finirete di chiamarla un fine e un compimento.
In verità sarete liberi quando i vostri giorni non saranno
privi di pena e le vostre notti di angoscia e di esigenze.
Quando di queste cose sarà circonfusa la vostra vita,
allora vi leverete al di sopra di esse nudi e senza vincoli.
Ma come potrete elevarvi oltre i giorni e le notti se non spezzando
le catene che all'alba della vostra conoscenza hanno imprigionato
l'ora del meriggio ? Quella che voi chiamate libertà è la
più resistente di queste catene, benché i suoi
anelli vi abbaglino scintillando al sole. E cos'è mai
se non parte di voi stessi ciò che vorreste respingere
per essere liberi ? L'ingiusta legge che vorreste abolire è la
stessa che la vostra mano vi ha scritto sulla fronte. Non potete
cancellarla bruciando i libri di diritto né lavando
la fronte dei vostri giudici, neppure riversandovi sopra le
onde del mare. Se è un despota colui che volete detronizzare,
badate prima che il trono eretto dentro di voi sia già stato
distrutto. Poiché come può un tiranno governare
uomini liberi e fieri, se non per una tirannia e un difetto
della loro stessa libertà e del loro orgoglio ? E se
volete allontanare un affanno, ricordate che questo affanno
non vi è stato imposto, ma voi l'avete scelto. E se
volete dissipare un timore, cercatelo in voi e non nella mano
di chi questo timore v'incute. In verità, ciò che
anelate e temete, che vi ripugna e vi blandisce, ciò che
perseguite e ciò che vorreste sfuggire, ognuna di queste
cose muove nel vostro essere in un costante e incompiuto abbraccio.
Come luci e ombre unite in una stretta, ogni cosa si agita
in voi. e quando un'ombra svanisce, la luce che indugia diventa
ombra per un'altra luce. E così quando la vostra libertà getta
le catene diventa essa stessa la catena di una libertà più grande.

SU RAGIONE E PASSIONE
E ancora la sacerdotessa parlò e
disse: Parlaci della Ragione e della Passione. E lui rispose
dicendo: La vostra anima è sovente un campo di battaglia
dove giudizio e ragione muovono guerra all'avidità e
alla passione. Potessi io essere il pacificatore dell'anima
vostra, che converte rivalità e discordia in unione
e armonia. Ma come potrò, se non sarete voi stessi i
pacificatori, anzi gli amanti di ogni vostro elemento ? La
ragione e la passione sono il timone e la vela di quel navigante
che è l'anima vostra. Se il timone e la vela si spezzano,
non potete far altro che, sbandati, andare alla deriva, o arrestarvi
nel mezzo del mare. Poiché se la ragione domina da sola, è una
forza che imprigiona, e la passione è una fiamma che,
incustodita, brucia fino alla sua distruzione. Perciò la
vostra anima innalzi la ragione fino alla passione più alta,
affinché essa canti, E con la ragione diriga la passione,
affinché questa viva in quotidiana resurrezione, e come
la fenice sorga dalle proprie ceneri. Vorrei che avidità e
giudizio fossero per voi come graditi ospiti nella vostra casa.
Certo non onorereste più l'uno dell'altro, perché se
hai maggiori attenzioni per uno perdi la fiducia di entrambi.
Quando sui colli sedete alla fresca ombra dei pallidi pioppi,
condividendo la pace e la serenità dei campi e dei prati
lontani, allora vi sussurri il cuore: "Nella ragione riposa
Dio". E quando infuria la tempesta e il vento implacabile
scuote la foresta, e lampi e tuoni proclamano la maestà del
cielo, allora dite nel cuore con riverente trepidazione: "Nella
passione agisce Dio". E poiché siete un soffio
nella sfera di Dio e una foglia nella sua foresta, voi pure
riposerete nella ragione e agirete nella passione.

SUL DOLORE
E una donna disse: Parlaci del Dolore.
E lui disse: Il dolore è lo spezzarsi del guscio che
racchiude la vostra conoscenza. Come il nocciolo del frutto
deve spezzarsi affinché il suo cuore possa esporsi al
sole, così voi dovete conoscere il dolore. E se riusciste
a custodire in cuore la meraviglia per i prodigi quotidiani
della vita, il dolore non vi meraviglierebbe meno della gioia;
Accogliereste le stagioni del vostro cuore come avreste sempre
accolto le stagioni che passano sui campi. E veglieresti sereni
durante gli inverni del vostro dolore. Gran parte del vostro
dolore è scelto da voi stessi. E' la pozione amara con
la quale il medico che è in voi guarisce il vostro male.
Quindi confidate in lui e bevete il suo rimedio in serenità e
in silenzio. Poiché la sua mano, benché pesante
e rude, è retta dalla tenera mano dell'Invisibile, E
la coppa che vi porge, nonostante bruci le vostre labbra, è stata
fatta con la creta che il Vasaio ha bagnato di lacrime sacre.

SULLA CONOSCENZA
E un uomo disse: Parlaci della Conoscenza.
E lui rispose dicendo: Il vostro cuore conosce nel silenzio
i segreti dei giorni e delle notti. Ma il vostro orecchio è assetato
dal rumore di quanto il cuore conosce. Vorreste esprimere ciò che
avete sempre pensato. Vorreste toccare con mano il corpo nudo
dei vostri sogni. Ed è bene che sappiate: La fonte nascosta
della vostra anima dovrà necessariamente effondersi
e fluire mormorando verso il mare; E il tesoro della vostra
infinita profondità si mostrerà ai vostri occhi;
Ma non con la bilancia valuterete questo sconosciuto tesoro;
E non scandaglierete con asta o sonda le profondità della
vostra conoscenza. Poiché l'essere è un mare
sconfinato e incommensurabile. Non dite: "Ho trovato la
verità", ma piuttosto, "Ho trovato una verità".
Non dite: "Ho trovato il sentiero dell'anima", ma
piuttosto, "Ho incontrato l'anima in cammino sul mio sentiero".
Poiché l'anima cammina su tutti i sentieri. L'anima
non procede in linea retta, e neppure cresce come una canna.
L'anima si schiude, come un fiore di loto dagli innumerevoli
petali.

SULL'INSEGNAMENTO
E un maestro disse: Parlaci dell'Insegnamento.
E lui disse: Nessuno può insegnarvi nulla se non ciò che
già sonnecchia nell'albeggiare della vostra conoscenza.
Il maestro che cammina all'ombra del tempio tra i discepoli
non elargisce la sua sapienza, ma piuttosto la sua fede e il
suo amore. E se davvero è saggio, non vi invita ad entrare
nella dimora del suo sapere, ma vi guida alla soglia della
vostra mente. L'astronomo può dirvi ciò che sa
degli spazi, ma non può darvi la sua conoscenza. Il
musico può cantarvi la melodia che è nell'aria,
ma non può darvi l'orecchio che fissa il ritmo, né l'eco
che rimanda il suono. E colui che è esperto nella scienza
dei numeri può descrivervi il mondo del peso e della
misura, ma oltre non può condurvi. Poiché la
visione di un uomo non presta le proprie ali a un altro uomo.
E così come ognuno è solo nella conoscenza di
Dio, ugualmente deve in solitudine conoscere Dio e comprendere
la terra.

SULL'AMICIZIA
E un adolescente disse: Parlaci
dell'Amicizia. E lui rispose dicendo: Il vostro amico è il
vostro bisogno saziato. E' il campo che seminate con amore
e mietete con riconoscenza. E' la vostra mensa e il vostro
focolare. Poiché, affamati, vi rifugiate in lui e lo
ricercate per la vostra pace. Quando l'amico vi confida il
suo pensiero, non negategli la vostra approvazione, né abbiate
paura di contraddirlo. E quando tace, il vostro cuore non smetta
di ascoltare il suo cuore: Nell'amicizia ogni pensiero, ogni
desiderio, ogni attesa nasce in silenzio e viene condiviso
con inesprimibile gioia. Quando vi separate dall'amico non
rattristatevi: La sua assenza può chiarirvi ciò che
in lui più amate, come allo scalatore la montagna è più chiara
della pianura. E non vi sia nell'amicizia altro scopo che l'approfondimento
dello spirito. Poiché l'amore che non cerca in tutti
i modi lo schiudersi del proprio mistero non è amore,
ma una rete lanciata in avanti e che afferra solo ciò che è vano.
E il meglio di voi sia per l'amico vostro. Se lui dovrà conoscere
il riflusso della vostra marea, fate che ne conosca anche la
piena. Quale amico è il vostro, per cercarlo nelle ore
di morte ? Cercatelo sempre nelle ore di vita. Poiché lui
può colmare ogni vostro bisogno, ma non il vostro vuoto.
E condividete i piaceri sorridendo nella dolcezza dell'amicizia.
Poiché nella rugiada delle piccole cose il cuore ritrova
il suo mattino e si ristora.

SULLA PAROLA
E allora uno studioso disse: Spiegaci
la Parola. E lui rispose dicendo: Voi parlate quando avete
perduto la pace con i vostri pensieri; E quando non potete
più sopportare la solitudine del cuore voi vivete sulle
labbra, e il suono vi è di svago e passatempo. E molte
delle vostre parole quasi uccidono il pensiero, Poiché il
pensiero è un uccello leggero che in una gabbia di parole
può spiegare le ali, ma non prendere il volo. Tra voi
vi sono quelli che cercano uomini loquaci per timore di restare
soli. Il silenzio della solitudine mette a nudo il loro essere,
ed essi vorrebbero fuggirlo. E vis ono quelli che, senza consapevolezza
o prudenza parlano di verità che non comprendono. E
quelli invece che hanno dentro di sé la verità,
ma non la esprimono in parole. nel loro petto lo spirito dimora
in armonico silenzio. Quando per strada o sulla piazza del
mercato incontrate un amico, lasciate che lo spirito vi muova
le labbra e vi guidi la lingua. Lasciate che la voce della
vostra voce parli all'orecchio del suo orecchio; Poiché custodirà nell'anima
la verità del vostro cuore come si ricorda il sapore
del vino. Quando il colore è dimenticato e la coppa è perduta.

SUL TEMPO
E un astronomo disse: Maestro Parlaci
del Tempo. E lui rispose: Vorreste misurare il tempo, l'incommensurabile
e l'immenso. Vorreste regolare il vostro comportamento e dirigere
il corso del vostro spirito secondo le ore e le stagioni. Del
tempo vorreste fare un fiume per sostate presso la sua riva
e guardarlo fluire. Ma l'eterno che è in voi sa che
la vita è senza tempo E sa che l'oggi non è che
il ricordo di ieri, e il domani il sogno di oggi. E ciò che
in voi è canto e contemplazione dimora quieto entro
i confini di quel primo attimo in cui le stelle furono disseminate
nello spazio. Chi di voi non sente che la sua forza d'amore è sconfinata
? E chi non sente che questo autentico amore, benché sconfinato, è racchiuso
nel centro del proprio essere, e non passa da pensiero d'amore
a pensiero d'amore, né da atto d'amore ad atto d'amore
? E non è forse il tempo, così come l'amore,
indiviso e immoto ? Ma se col pensiero volete misurare il tempo
in stagioni, fate che ogni stagione racchiuda tutte le altre,
E che il presente abbracci il passato con il ricordo, e il
futuro con l'attesa.

SUL BENE E MALE
E un anziano della città disse:
Parlaci del Bene e del Male. E lui rispose: Io posso parlare
del bene che è in voi, ma non del male. Poiché il
cattivo non è che il buono torturato dalla fame e dalla
sete. In verità, quando il buono è affamato cerca
cibo anche in una caverna buia e quando è assetato beve
anche acqua morta. Siete buoni quando siete in armonia con
voi stessi. Tuttavia, quando non siete una sola cosa con voi
stessi, voi non siete cattivi. Una casa divisa non è un
covo di ladri, è semplicemente una casa divisa. E una
nave senza timone può errare senza meta tra isole pericolose
senza fare naufragio. Siete buoni nello sforzo di donare voi
stessi, Tuttavia non siete cattivi quando perseguite il vostro
vantaggio. Quando cercate di ottenere, non siete che una radice
avvinghiata alla terra per succhiarne il seno. Certo, il frutto
non può dire alla radice: "Sii come me, maturo
e pieno e sempre generoso della tua abbondanza". Poiché come
il frutto ha bisogno di dare, così la radice ha bisogno
di ricevere. Siete buoni quando la vostra parola è pienamente
consapevole. Tuttavia non siete cattivi quando nel sonno la
vostra lingua vaneggia. E anche un discorso confuso può rafforzare
una debole lingua. Siete buoni quando procedete verso la meta,
decisi e con passo sicuro. Tuttavia non siete cattivi quando
vagate qua e là zoppicando. Anche chi zoppica procede
in avanti. Ma vi è agile e forte, non zoppichi davanti
allo zoppo stimandosi cortese. Voi siete buoni in molteplici
modi e non siete cattivi quando non siete buoni. Siete soltanto
pigri e indolenti. Purtroppo il cervo non può insegnare
alla tartaruga ad essere veloce. Nel desiderio del gigante
che è in voi risiede la vostra bontà, e questo è un
desiderio di tutti. In alcuni è un torrente che scorre
impetuoso verso il mare, trascinando con sé i segreti
delle colline e il canto delle foreste. In altri è una
corrente placida che si perde in declivi e indugia prima di
raggiungere la sponda. Ma chi desidera molto non dica a chi
desidera poco: "Perché esiti e indugi ?".
Poiché, in verità, chi è buono non chiede
a chi è nudo: "Dov'è il tuo vestito ?",
né a chi è senza tetto: "Cos'è accaduto
alla tua casa ?".

SULLA PREGHIERA
Allora una sacerdotessa disse: Parlaci
della Preghiera. E lui rispose dicendo: Voi pregate nell'angoscia
e nel bisogno, ma dovreste pregare anche nella pienezza della
gioia e nei giorni dell'abbondanza. Perché non è forse
la preghiera l'espansione di voi stessi nell'etere vivente
? Se riversare la vostra notte nello spazio vi conforta, è gioia
anche esprimere l'alba del vostro cuore. E se non potete fare
a meno di piangere quando l'anima vi chiama alla preghiera,
essa dovrebbe spingervi sempre e ancora al sorriso. Pregando
vi innalzate sino a incontrare nell'aria coloro che pregano
nello stesso istante, e non potete incontrarli che nella preghiera.
Perciò la visita a questo tempio invisibile non sia
altro che estasi e dolce comunione. Giacche se entrate nel
tempio soltanto per chiedere, voi non avrete. E se entrate
per umiliarvi, non sarete innalzati. O se entrate a supplicare
per il bene altrui, non sarete ascoltati. Entrare nel tempio
invisibile è sufficiente. Con la parola io non posso
insegnarvi a pregare. Dio non ascolta le vostre parole, se
non le pronuncia egli stesso attraverso le vostre labbra. E
io non posso insegnarvi la preghiera dei monti, dei mari e
delle foreste. Ma voi, nati dalle foreste, dai monti e dai
mari, potete scoprire le loro preghiere nel vostro cuore, E
se solo tendete l'orecchio nella quiete della notte, udrete
nel silenzio: "Dio nostro, ala di noi stessi, noi vogliamo
secondo la tua volontà. Desideriamo secondo il tuo desiderio.
Il tuo impero trasforma le nostre notti, che sono le tue notti,
in giorni che sono i tuoi giorni. Nulla possiamo chiederti,
perché tu conosci i nostri bisogni prima ancora che
nascano in noi. Tu sei il nostro bisogno, e nel donarci più di
te stesso, tutto ci doni".

SUL PIACERE
Allora un eremita, che visitava
la città una volta l'anno, si fece avanti e disse: Parlaci
del Piacere. E lui rispose dicendo: Il piacere è un
canto di libertà, Ma non è libertà. E'
la fioritura dei vostri desideri, Ma non il loro frutto. E'
un abisso che esorta alla scesa, Ma non è profondo né alto.
E' un uccello in gabbia che si alza in volo, Ma non è lo
spazio conquistato. Sì, francamente, il piacere è un
canto di libertà. E io vorrei che lo intonaste in tutta
pienezza, ma temo che a cantarlo perdereste il cuore. Alcuni
giovani tra voi ricercano il piacere come se fosse tutto, e
vengono giudicati e biasimati. Non vorrei né giudicarli
né biasimarli. Vorrei che cercassero. E troveranno non
solo il piacere, Poiché il piacere ha sette fratelli,
e il minore è più bello dello stesso piacere.
Non avete udito di quell'uomo che, scavando la terra in cerca
di radici, scoprì un tesoro ? E alcuni anziani tra voi
ricordano con rimpianto i piaceri, come errori compiuti nell'ebbrezza.
Ma il rimpianto è l'oscurità della mente, e non
il suo castigo. Essi dovrebbero ricordare i loro piaceri riconoscenti
come per il raccolto di un'estate. Ma se il rimpianto li conforta,
si confortino pure. E tra voi vi sono quelli non così giovani
per cercare, né così vecchi per ricordare. E
nella paura di cercare e ricordare, essi fuggono ogni piacer
temendo di umiliare e offendere l'anima. Ma proprio in questo è il
loro piacere. E in tal modo scoprono tesori, sebbene scavino
radici con mano tremante. Ma ditemi, chi può offendere
lo spirito ? L'usignolo offende il silenzio della notte, o
la lucciola le stelle ? E la vostra fiamma o il vostro fumo
mortificano il vento ? Pensate forse di poter turbare lo spirito
come con un bastone uno stagno tranquillo ? Spesso, negandovi
al piacere, non fate altro che respingere il desiderio nei
recessi del vostro essere. Chissà che non vi attenda
domani ciò che oggi avete negato. Anche il vostro corpo
conosce la sua ricchezza e il suo legittimo bisogno, e non
permette inganno. Il corpo è l'arpa della vostra anima,
E sta a voi trarne musica armoniosa o confusi suoni. E ora
domandatevi in cuore: "Come potremo distinguere il buono
dal cattivo nel piacere ?". Andate nei vostri campi e
giardini, e imparerete che il piacere dell'ape è raccogliere
il nettare del fiore, E che il piacere del fiore è conceder
all'ape il suo nettare. Poiché il fiore per l'ape è una
fonte di vita, E l'ape per il fiore è una messaggera
d'amore. E per l'ape e per il fiore donarsi e ricevere piacere è a
un tempo necessita ed estasi. Popolo di Orfalese, nel piacere
siate come le api e come i fiori.

SULLA BELLEZZA
E un poeta disse: Parlaci della
Bellezza. E lui rispose: Dove cercherete e come scoprirete
la bellezza, se essa stessa non vi è di sentiero e di
guida ? E come potrete parlarne, se non è la tessitrice
del vostro discorso ? L'afflitto e l'offeso dicono: "La
bellezza è nobile e indulgente. Cammina tra noi come
una giovane madre confusa dalla sua stesa gloria". E l'appassionato
dice: "No, la bellezza è temibile e possente. Come
la tempesta, scuote la terra sotto di noi e il cielo che ci
sovrasta". Lo stanco e l'annoiato dicono: "La bellezza è un
lieve bisbiglio. Parla del nostro spirito. La sua voce cede
ai nostri silenzi come una debole luce che trema spaurita dall'ombra".
Ma l'inquieto dice: "Abbiamo udito il suo grido tra le
montagne, E con questo grido ci sono giunti strepito di zoccoli,
battiti d'ali e ruggiti di leoni". Di notte le guardie
della città dicono: "La bellezza sorgerà con
l'alba da oriente". E al meriggio colui che lavora e il
viandante dicono: "L'abbiamo vista affacciarsi sulla terra
dalle finestre del tramonto". D'inverno, chi è isolato
dalla neve dice: "Verrà con la primavera balzando
di colle in colle". E nella calura estiva il mietitore
dice: "L'abbiamo vista danzare con le foglie dell'autunno
e con la folata di neve nei capelli". Tutte queste cose
avete detto della bellezza, Tuttavia non avete parlato di lei,
ma di bisogni insoddisfatti. E la bellezza non è un
bisogno, ma un'estasi. Non è una bocca assetata, né una
mano vuota protesa, Ma piuttosto un cuore bruciante e un'anima
incantata. Non è un'immagine che vorreste vedere né un
canto che vorreste udire, Ma piuttosto un'immagine che vedete
con gli occhi chiusi, e un canto che udite con le orecchie
serrate. Non è la linfa nel solco della corteccia, né l'ala
congiunta all'artiglio, Ma piuttosto un giardino perennemente
in fiore e uno stormo d'angeli eternamente in volo. Popolo
di Orfalese, la bellezza è la vita, quando la vita disvela
il suo volto sacro. Ma voi siete la vita e siete il velo. La
bellezza è l'eternità che si contempla in uno
specchio. Ma voi siete l'eternità e siete lo specchio.

SULLA RELIGIONE
E un vecchio sacerdote disse: Parlaci
della Religione. E lui rispose: Ho forse parlato d'altro oggi
? Non è forse la religione ogni azione e ogni riflessione,
E ciò che non è né azione né riflessione,
ma stupore e sorpresa che sempre scaturiscono nell'anima, anche
quando le mani spaccano la pietra o tendono il telaio ? Chi
può separare la sua fede dalle sue azioni e il suo credo
dal suo lavoro ? Chi può disporre davanti a sé le
proprie ore dicendo, "Questa è per Dio e questa è per
me stesso, questa è per la mia anima e questa per il
mio corpo ?". Tutte le vostre ore sono battiti d'ali nello
spazio da un essere all'altro. Colui che indossa la moralità come
l'abito migliore, sarebbe meglio stesse nudo. Il vento e il
sole non squarceranno la sua pelle. E colui che fa dell'etica
un limite al comportamento, ingabbia il suo canto. Il canto
più libero non passa tra fili e sbarre. E colui per
il quale l'adorazione è una finestra che si apre e si
chiude, non ha ancora visitato la dimora della sua anima le
cui finestre sono aperte da aurora a aurora. La vita quotidiana è il
vostro tempio e la vostra religione. Ogni volta che vi entrate
portate con voi tutto il vostro essere. Portate l'aratro, la
fucina, il martello e il liuto, Le cose forgiate per bisogno
o per diletto. Poiché nella devozione non potrete elevarvi
al di sopra delle vostre riuscite, né cadere più in
basso dei vostri fallimenti. E prendete con voi tutti gli uomini,
poiché nell'adorazione non potete volare più in
alto delle vostre speranze, né umiliarvi oltre la loro
disperazione. Se volete conoscere Dio, non siate dunque solutori
di enigmi. Piuttosto guardatevi intorno e vedrete Dio giocare
con i vostri bambini. Guardate nello spazio, e vedrete Dio
camminare sulla nube, aprire le braccia nel lampo e scendere
nella pioggia. Vedrete Dio sorridere nei fiori e nelle cime
degli alberi vedrete il fremito delle sue mani.

SULLA MORTE
Allora Almitra parlò dicendo:
Ora vorremmo chiederti della Morte. E lui disse: Voi vorreste
conoscere il segreto della morte. ma come potrete scoprirlo
se non cercandolo nel cuore della vita ? Il gufo, i cui occhi
notturni sono ciechi al giorno, non può svelare il mistero
della luce. Se davvero volete conoscere lo spirito della morte,
spalancate il vostro cuore al corpo della vita. poiché la
vita e la morte sono una cosa sola, come una sola cosa sono
il fiume e il mare. Nella profondità dei vostri desideri
e speranze, sta la vostra muta conoscenza di ciò che è oltre
la vita; E come i semi sognano sotto la neve, il vostro cuore
sogna la primavera. confidate nei sogni, poiché in essi
si cela la porta dell'eternità. La vostra paura della
morte non è che il tremito del pastore davanti al re
che posa la mano su di lui in segno di onore. In questo suo
fremere, il pastore non è forse pieno di gioia poiché porterà l'impronta
regale ? E tuttavia non è forse maggiormente assillato
dal suo tremito ? Che cos'è morire, se non stare nudi
nel vento e disciogliersi al sole ? E che cos'è emettere
l'estremo respiro se non liberarlo dal suo incessante fluire,
così che possa risorgere e spaziare libero alla ricerca
di Dio ? Solo se berrete al fiume del silenzio, potrete davvero
cantare. E quando avrete raggiunto la vetta del monte, allora
incomincerete a salire. E quando la terra esigerà il
vostro corpo, allora danzerete realmente.

IL COMMIATO
E così si fece sera. e Almitra,
l'indovina, disse: Sia benedetto questo giorno e questo luogo
e il tuo spirito che ha parlato. E lui rispose: Ero io a parlare
? Non sono stato io stesso un uditore ? Quindi scese i gradini
del tempio e tutto il popolo lo seguì. Lui raggiunse
la sua nave e restò in piedi sul ponte. E ancora rivolto
al popolo levò alta la voce e disse: Popolo di Orfalese,
il vento mi comanda di lasciarvi. Io sono meno impaziente del
vento, tuttavia devo andare. Per noi, viandanti eternamente
alla ricerca della via più solitaria, non inizia il
giorno dove un altro giorno finisce, e nessuna aurora ci trova
dove ci ha lasciato al tramonto. Anche quando dorme la terra,
noi procediamo nel viaggio. Siamo i semi della tenace pianta,
ed è nella nostra maturità e pienezza di cuore
che veniamo consegnati al vento e dispersi. Brevi furono i
miei giorni tra voi, e ancor più brevi le parole che
ho detto. Ma se la mia voce si affievolirà nel vostro
orecchio e il mio amore svanirà nella vostra memoria,
allora io tornerò. E con cuore più ricco e labbra
più docili allo spirito, parlerò con voi. Sì,
tornerò con la marea, E se anche la morte mi celasse
e mi avvolgesse il silenzio più profondo, ancora cercherò il
vostro ascolto. E non cercherò invano. Se ciò che
ho detto è verità, questa verità dovrà rivelarsi
in una voce più chiara e in parole più somiglianti
ai vostri pensieri. Io vado col vento, popolo di Orfalese,
ma non verso il nulla. E se questo giorno non è compimento
delle vostre attese né del mio amore, sia allora promessa
per un altro giorno. I bisogni dell'uomo mutano, ma non il
suo amore né il desiderio che sia l'amore a placarli.
Sappiate dunque che io tornerò dal silenzio più grande.
La nebbia che all'alba si dissolve e lascia sui campi solo
rugiada, si alzerà per raccogliersi in nube e ricadere
sotto forma di pioggia. E io fui come nebbia. Nella quiete
della notte ho camminato per le vostre strade e il mio spirito è entrato
nelle vostre case, I palpiti del vostro cuore erano nel mio
cuore e sul mio volto soffiava il vostro respiro, e vi ho conosciuti
tutti. Sì, ho conosciuto la vostra gioia e il vostro
dolore e, nel sonno, i vostri sogni erano i miei sogni. Tra
voi sovente sono stato un lago circondato da montagne. In me
si sono rispecchiate le vostre vette e i curvi pendii, e anche
il lento sfilare delle greggi dei vostri pensieri e passioni.
E al mio silenzio è giunto come a ruscelli il riso dei
vostri bambini e a fiumi l'ardente desiderio dei vostri giovani.
E raggiunta la mia profondità, ruscelli e fiumi non
avevano ancora smesso il canto. Ma qualcosa di più dolce
del riso e più grande del desiderio è giunto
sino a me. L'infinito in voi; L'uomo immenso del quale non
siete altro che cellule e nervi; Nel cui cantico ogni vostra
voce non è che un muto singhiozzo. E' nell'uomo immenso
che voi siete immensi, Ed è nel guardarlo che vi ho
guardato e amato. Poiché a quali distanze, al di là di
questa immensa sfera, può giungere l'amore ? Quali visioni,
quali attese e quali speranze si eleveranno oltre quel volo
? Come una quercia gigantesca in piena fioritura è l'uomo
immenso in voi. La sua forza vi lega alla terra, la sua fragranza
vi solleva nell'aria, e nel suo perdurare voi siete immortali.
Vi è stato detto che voi, simili a una catena, siete
deboli quanto il vostro anello più debole. Questa non è che
una mezza verità. Voi siete anche forti come il vostro
anello più forte. Misurarvi dalla vostra azione più meschina è come
calcolare la potenza dell'oceano dalla fragilità della
sua schiuma. Giudicarvi dai vostri errori è accusare
le stagioni per la loro incostanza. Sì, voi siete come
l'oceano, E sebbene le navi, pesanti di carichi, attendano
la marea sulle vostre rive, voi, come l'oceano, non la potete
affrettare. E inoltre siete come le stagioni, E benché nel
vostro inverno neghiate la vostra primavera, La primavera che è in
voi sorride intatta e assopita. Non pensiate che io vi parli
così affinché vi diciate l'un l'altro: "Ci
ha ben lodato. In noi non ha visto che il buono". Io vi
ho solo tradotto in parole ciò che voi stesse conoscete
in pensiero. E che cos'è la parola se non l'ombra di
una conoscenza inespressa ? I vostri pensieri e le mie parole
sono le onde di una memoria sigillata che conserva la traccia
del nostro passato, E dei remoti giorni in cui la terra non
conosceva noi né sé stessa, E delle notti in
cui era preda del caos. Uomini savi sono venuti per darvi la
loro saggezza. Io sono venuto per attingerla da voi. E ho trovato
quanto è più grande della saggezza: La fiamma
dello spirito in voi che si alimenta di sé stessa, Mentre
voi, noncuranti del suo espandersi, piangete l'inaridire dei
giorni. E ho trovato la vita che cerca la vita in corpi che
temono la tomba. Qui non ci sono tombe. Queste montagne e queste
pianure sono una culla e una pietra per il guado. Quando passate
per il campo dopo aver sepolto i vostri avi, guardatevi intorno
e vedrete voi stessi con i vostri figli danzare mano nella
mano. In verità, spesso fate festa senza saperlo. Altri
uomini vennero a blandire la vostra fede con dorate promesse
e voi a loro rendeste ricchezze e potenza e gloria. Io vi ho
dato meno di una promessa, eppure siete stati con me più generosi:
Mi avete dato la più profonda sete di vita futura. Certo
non vi è dono più grande per un uomo di ciò che
muta ogni proposito in labbra ardenti e tutta la vita in una
fonte. E in questo sta il mio onore e la mia ricompensa: Vengo
a bere a una fonte e trovo l'acqua viva essa stessa assetata;
E mentre io bevo l'acqua mi beve. Qualcuno tra voi mi ha stimato
superbo e troppo schivo per ricevere doni. In verità sono
troppo superbo per accettare compensi, ma non doni. E sebbene
abbia mangiato bacche sulle colline quando mi avreste invitato
alla vostra mensa, E dormito sotto il portico del tempio quando
mi avreste dato asilo con gioia, Non è stata forse la
vostra amorevole preoccupazione per i miei giorni e le mie
notti a rendere il cibo dolce alla mia bocca e a circondare
il mio sonno di visioni ? Per tutto questo io vi benedico ancora.
Voi date molto e lo ignorate: In verità la bontà che
si ammira allo specchio si tramuta in pietra, E una buona azione
che si compiace di sé stessa genera una maledizione.
E alcuni di voi mi hanno giudicato distante ed ebbro della
mia solitudine, E hanno detto, "Lui tiene consiglio con
gli alberi della foresta, ma non con gli uomini. Siede solitario
sulle cime dei monti e guarda dall'alto la nostra città".
E' vero, ho scalato montagne e ho camminato in luoghi remoti.
Ma come avrei potuto vedervi se non da una grande altitudine
o da una grande distanza ? In verità, come si può essere
vicini se non si conosce la lontananza ? E altri tra voi si
sono tacitamente rivolti a me pronunziando queste parole: "Straniero,
straniero, amante di irraggiungibili altezze, perché vivi
sulle cime dove le aquile costruiscono il loro nido ? Perché cerchi
l'impossibile ? Quali tempeste vorresti carpire ? E quali uccelli
chimerici insegui nel cielo ? Vieni, e sii uno di noi. Scendi,
placa la tua fame col nostro pane e spegni la tua sete col
nostro vino". Nella solitudine dell'anima questo hanno
detto; Ma se la loro solitudine fosse stata più profonda
avrebbero capito che ricercavo soltanto il segreto della vostra
gioia e della vostra pena, E che inseguivo soltanto la vostra
essenza più vasta che si libra nel cielo. Ma il cacciatore è stato
anche la preda; Molte frecce hanno lasciato il mio arco solo
per mirare al mio petto. E il volatile è stato anche
il rettile; Quando le mie ali si dispiegavano al sole, la loro
ombra sulla terra era una tartaruga. E io, il credente, sono
stato anche lo scettico, Poiché sovente ho messo il
dito nella mia stessa piaga, per avere di voi la conoscenza
e la fede più profonde. Ed è con questa fede
e questa conoscenza che io dico, Voi non siete rinchiusi nel
vostro corpo, né confinati nelle case o nei campi. Ciò che
voi siete ha la sua dimora tra le montagne ed erra nel vento.
E non è qualcosa che striscia al sole per scaldarsi
o scava buche nel buio per trovare rifugio. Ma qualcosa di
libero, uno spirito che avvolge la terra e muove nell'etere.
Se queste sono parole vaghe, non cercate di chiarirle. Vago
e nebuloso è l'inizio di ogni cosa, ma non la sua fine.
E vorrei che mi ricordaste come un inizio. La vita, e tutto
ciò che vive, è concepito nella nebbia e non
nel cristallo. E chissà se il cristallo non è la
nebbia che si dilegua ? Nel ricordarmi, non scordatevi di questo:
Ciò che in voi sembra più fragile e confuso, è invece
più forte e determinato. Non è forse il respiro
che ha eretto e temprato la vostra struttura ? E non è forse
un sogno che nessuno di voi ricorda di aver sognato, ciò che
ha edificato la vostra città e modellato ogni cosa in
essa ? Se solo poteste vedere il flusso di questo respiro,
non vorreste vedere nient'altro. E se solo poteste udire il
sussurro di questo sogno, non vorreste ascoltare suono diverso.
Ma voi non vedete né udite, e questo è bene.
Il velo che offusca i vostri occhi sarà sollevato dalla
mano che lo ha tessuto, E la creta che ostruisce le vostre
orecchie sarà rimossa dalle dita che l'hanno impastata.
E voi vedrete. E voi udirete. Ma non rimpiangerete di aver
conosciuto la cecità, né di essere stati sordi.
Poiché in quel giorno conoscerete il fine nascosto.
E benedirete l'oscurità come avreste benedetto la luce.
Dette queste cose si guardò intorno e vide il timoniere
in piedi vicino alla sbarra scrutare ora le vele gonfie ora
l'orizzonte. E disse: Paziente, troppo paziente è il
capitano della mia nave. Il vento soffia e le vele sono inquiete;
Anche il timone implora la sua rotta; Tuttavia il mio capitano
ha atteso con calma il mio silenzio. E questi miei marinai,
che già udivano il coro del mare aperto, hanno saputo
ascoltarmi pazienti. Non aspetteranno più a lungo. Sono
pronto. Il fiume ha raggiunto il mare, e ancora una volta la
grande madre accoglie il figlio nel suo grembo. Addio, popolo
d'Orfalese. Questo giorno è finito. Si chiude su di
noi come il giglio acquatico sul suo domani. Serberemo quello
che qui ci è stato donato, E se non sarà sufficiente,
ci ricongiungeremo per tendere ancora le mani verso colui che
dà. Tornerò a voi, non dimenticatemi. Sarà tra
breve, e il mio anelito raccoglierà polvere e saliva
per un altro corpo. Sarà tra breve, un attimo di calma
nel vento e un'altra donna mi partorirà. Addio a voi
e alla giovinezza trascorsa con voi. Appena ieri ci incontrammo.
Voi avete cantato per me nella mia solitudine e io ho costruito
una torre nel cielo con i vostri desideri. Ma ora il nostro
sogno è finito, è volato via il sonno e non è più l'alba.
Il mattino volge al termine, il nostro dormiveglia si è trasformato
nella pienezza del giorno, e dobbiamo separarci. Se ancora
una volta ci incontreremo nel crepuscolo della memoria, parleremo
nuovamente insieme, e il canto che voi intonerete sarà allora
più profondo. E se le nostre mani si toccheranno in
un altro sogno, costruiremo un'altra torre nel cielo. Così dicendo
fece un segnale ai marinai e subito essi levarono le ancore
e, liberata la nave dagli ormeggi, salparono verso oriente.
E un grido venne dal popolo come da un solo cuore, salì nel
crepuscolo e dal mare fu portato lontano come uno squillo di
tromba. Solo Almitra rimase in silenzio fissando la nave fino
a che scomparve nella foschia. E quando tutto il popolo si
disperse lei restò sola sul molo mentre nel suo cuore
riaffioravano le parole: "Sarà tra breve, un attimo
di calma nel vento, e un'altra donna mi partorirà"

La
viola ambiziosa
C'era una bella viola profumata
che viveva tranquilla insieme alle sue amiche e ondeggiava
felice tra gli altri fiori in un
giardino solitario. Una mattina, con la corolla ancora abbellita da stille
di rugiada, sollevò il capo, si guardò attorno e
vide una rosa alta e avvenente che si ergeva superba nello spazio, come
una torcia ardente su una lampada di smeraldo.
La viola schiuse le labbra blu e disse: «Quanto sono sfortunata
tra questi fiori, e com'è umile la posizione che occupo
rispetto a loaro! La natura mi ha fatto piccola e povera... Vivo vicinissima
alla terra senza poter levare la testa verso il
cielo blu, o girare il viso verso il sole come fanno le rose.»
La rosa udì le parole della sua vicina, scoppiò a ridere
e commentò: «Che strano discorso il tuo! Sei fortunata,
e non
riesci a rendertene conto. La natura ti ha voluto conferire un profumo
e una bellezza che non ha concesso a nessun
altro... Lascia perdere questi pensieri e accontentati, e ricorda che
chi si umilia sarà esaltato, e chi si esalta sarà
schiacciato.»
La viola rispose: «Tu mi consoli perché possiedi ciò che
io desidero ardentemente... E tenti di amareggiarmi facendo la
magnanima... Come suona dolorosa la predica del fortunato al cuore dell'infelice!
E com'è spietato il potente quando si
erge a consigliere del debole!»
La Natura udì la conversazione tra la viola e la rosa, si avvicinò e
disse: «Che cosa ti è successo, viola, figlia mia? Le
tue parole e le tue azioni sono sempre state umili e dolci. Forse la
Cupidigia ti è entrata nel cuore e ti ha intorpidito i
sensi?» La viola rispose con voce supplichevole: «Madre grande
e misericordiosa, piena d'amore e di comprensione, ti
prego con tutto il cuore e con tutta l'anima, accogli la mia richiesta
e consentimi di essere una rosa per un giorno.»
La Natura rispose: «Tu non sai quello che vuoi; non ti rendi conto
della sventura che si nasconde dietro la tua cieca
ambizione. Se tu fossi una rosa ne avresti solo dispiaceri e te ne pentiresti,
ma non servirebbe a niente.» Ma la viola
insisté: «Trasformami in una rosa alta, perché voglio
poter sollevare la testa con fierezza. Me ne assumo la
responsabilità, non importa quale sarà la mia sorte.» La
Natura acconsentì, dicendo: «Esaudirò la tua richiesta,
viola
ribelle e ignorante. Ma se ti colpirà la sventura, la colpa sarà solo
tua.»
E la Natura allungò le sue dita magiche e misteriose e toccò le
radici della viola, la quale si trasformò immediatamente
in un'alta rosa, svettante su tutti gli altri fiori del giardino.
Quella sera il cielo si gonfiò di nuvole nere, la furia degli
elementi sconvolse il silenzio dell'esistenza col fragore del
tuono e cominciò ad attaccare il giardino facendosi precedere
da una fitta pioggia e da forti venti. La tempesta squarciò i
rami, sradicò le piante e ruppe gli steli dei fiori più alti,
risparmiando solo quelli piccoli che crescevano vicini alla terra
amica. Il giardino solitario risentì particolarmente di quel clima
belligerante, e quando la tempesta si placò e il cielo si
schiarì tutti i fiori erano stati devastati: nessuno era sfuggito
alla furia della Natura tranne la famiglia delle piccole viole,
nascoste accanto al muro del giardino.
Alzata la testa e vista la tragedia abbattutasi sui fiori e sugli alberi,
una giovane viola sorrise felice e chiamò le sue
compagne, dicendo: «Guardate cosa ha fatto la tempesta ai fiori
altezzosi!» Un'altra viola disse: «siamo piccole e
viviamo vicino alla terra, ma siamo al riparo dalla collera del clima.»
E una terza aggiunse: «La nostra statura limitata non permette
alla tempesta di sottometterci.»
A quel punto la regina delle viole vide accanto a sé la viola
trasformata in rosa, scagliata a terra dalla tempesta e
deturpata sull'erba fradicia come un soldato esausto sul campo di battaglia.
La regina delle viole sollevò la testa e
chiamò a raccolta la sua famiglia, dicendo: «Guardate, figlie
mie e meditate su ciò che la Cupidigia ha fatto alla viola
trasformata per un'ora in una rosa superba. Che il ricordo di questa
scena vi rammenti sempre la vostra buona sorte.»
La rosa morente sussultò, e facendo appello alle forze residue
disse, con tono pacato: «Siete mansuete e soddisfatte
della vostra ottusità: io non ho mai avuto paura della tempesta.
Fino a ieri anch'io ero soddisfatta e appagata dalla Vita,
ma l'Appagamento è stato come una barriera tra la mia esistenza
e la tempesta della Vita, confinandomi in una pace
malsana e indolente e in una stasi mentale. Avrei potuto vivere la stessa
vita che vivete voi ora, solo che fossi rimasta
attaccata alla terra per paura... Avrei potuto attendere che l'inverno
mi ricoprisse di neve e mi consegnasse alla Morte,
che certamente rivendicherà tutte le viole... Ma ora io sono felice
perché mi sono spinta fuori dal mio piccolo mondo fin
nei misteri dell'Universo... Una cosa che voi non avete ancora fatto.
Avrei potuto guardare dall'alto la Cupidigia, la cui
indole è superiore alla mia, ma prestando ascolto al silenzio
della notte udii il mondo celeste parlare al mondo terreno e
dire: «L'ambizione che va oltre l'esistenza è lo scopo essenziale
del nostro esistere.» In quel momento il mio spirito si
ribellò e il mio cuore cominciò a desiderare una posizione
più elevata rispetto a quella della mia limitata esistenza. Mi
resi conto che l'abisso non può udire il canto delle stelle, e
in quel momento presi a combattere contro la mia piccolezza
e a desiderare ardentemente ciò che non mi apparteneva, finché il
mio spirito di rivolta si trasformò in una grande forza,
e il mio desiderio in volontà creatrice... La Natura, che è il
grande oggetto dei nostri sogni più profondi, accolse la mia
richiesta e con le sue dita magiche mi trasformò in una rosa.»
La rosa tacque per un istante poi, con voce flebile, mista di compiacimento
e fierezza disse: «Ho vissuto un'ora come
una rosa altera; per una frazione di tempo sono stata simile a una regina:
ho visto l'Universo con gli occhi di una rosa;
ho udito il mormorio del firmamento con le orecchie della rosa e ho toccato
i lembi della veste della Luce con i petali
della rosa. C'è qualcun altro, qui, che può rivendicare
un simile onore?»
Ciò detto, chinò il capo e, con voce soffocata, disse: «Ora
posso anche morire, poiché la mia anima ha conseguito il suo
scopo. Finalmente ho esteso la mia conoscenza a un mondo che è al
di là dell'angusta caverna della mia nascita. É
questo il disegno della Vita... É questo il segreto dell'Esistenza»
La rosa fu scossa da un fremito, ripiegò lentamente i petali ed
esalò l'ultimo respiro con un sorriso celestiale sulle
labbra... un sorriso d'appagamento, di speranza e di fiducia nella vita...
un sorriso di vittoria... un sorriso simile a quello
di Dio.

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